Nel mondo della Sibilla.

Dal monte Zampa, per la Sibilla fino al monte Porche, una traversata su una dorsale panoramica in bilico tra le valli el Tenna e dell'Aso. I Sibillini intorno ad avvolgerti letteralmente.

E la passione per i Sibillini continua a crescere. Ogni volta come la prima volta!


E’ una classica dei Sibillini. Ideale sarebbe usare 2 auto per compiere una traversata integrale, ma piuttosto che andare e tornare in auto due volte da un versante all’altro, con tutte le curve e i chilometri di mezzo, è preferibile e più “risparmioso”, in ordine di tempo, farla integralmente a piedi. E questo oggi abbiamo fatto. Per chi comunque si volesse attrezzare con due auto i rispettivi punti di accesso sono il piazzale di monte Prata sul lato di Castelluccio ed il rifugio Sibilla sul lato marchigiano. Inizia così la nostra giornata: la strada che sale fino ai 1540 mt del rifugio Sibilla, l’accesso è poco sotto Montemonaco e molti sono i cartelli lungo la strada per cui è davvero facile imboccarlo, è brecciata ed in buono stato; dal rifugio, oggi ancora chiuso per problemi di inquinamento da amianto, fin tanto non sarà bonificato la riapertura verrà rimandata, siamo saliti a destra, traversando il pendio erboso per raggiungere il sentiero più in alto già visibile dal parcheggio, direzione monte Zampa, per raggiungerlo si prosegue a vista e su poche tracce di calpestio. Una volta sul sentiero il primo tratto è formato da una serie di tornanti brecciati, poi prende il pratone e da ultimo un ampio e poco accentuato vallone erboso che raggiunge la cresta poco prima del monte Zampa, 30 minuti dalla partenza; lungo il percorso qualche paletto con la classica bandierina bianco rossa aiuta a seguire la giusta direzione. L’arrivo in cresta è di quelli dirompenti, puoi conoscere le montagne da una vita ma quando da un’erta erbosa ti si apre una prospettiva profonda, lontana, dal mare ai picchi più lontani verso Ovest, la sorpresa ti esplode dentro; la valle del Tenna non è ancora perfettamente allineata, siamo troppo a Nord, per cui intuiamo l’enorme solco ma non ne vediamo il fondo; la gola dell’Infernaccio è li sotto che precipita, pare senza fine, e si rialza sul versante opposto, verso l’enorme montagnone che è il Priora o il Pizzo della Regina, ognuno lo chiami come vuole; la cartolina che abbiamo davanti è questa: la valle del Tenna profonda e lunga nel mezzo, sfilano sul lato Nord la Priora, poi la cima aguzza del Berro con la sua pagina ripida che si interrompe in un salto roccioso repentino verso la valle, la cima del Bove Sud e la linea della cresta di Passo Cattivo che chiude la valle stessa e che si confonde dietro la dorsale del Cannafusto, il Porche non si vede ancora come tutta la dorsale di cresta che torna indietro sul versante opposto della valle, coperta dalla Sibilla che troneggia ripida e sporgente verso Sud-Ovest, mettici che più a Sud oltre la dorsale sulla quale siamo sporge l’inconfondibile sagoma del Vettore chiunque ami i Sibillini può immaginare che colpo d’occhio abbiamo avuto. Unico, come tante altre unicità, ma vi assicuro notevole ed emozionante. Aggiungiamoci ancora per completare la descrizione che erano da poco passate le otto della mattina, i controluce erano ancora forti e le ombre ancora lunghe; lo spettacolo era servito, senza biglietto era disponibile per tutti, per chiunque avesse avuto voglia di svegliarsi presto e sopportare un minimo di fatica. Inutile dire che mi attardo a fare un’esagerazione di foto, che so già che cestinerò perché saranno tutte più o meno uguali, e che Marina era già qualche centinaio di metri davanti. Mi incammino anche io ma le soste sono più dei passi, è tutto “troppo” quello che c’era intorno, la luce particolarmente calda contribuiva ad aggiungere fascino; la cresta si dirige verso Sud poi vira lentamente verso Ovest mentre si va ad affacciare sul versante del Vettore e si inizia a scoprire tutta la valle che sale fino al lago di Pilato che è ancora quasi completamente al buio. Immaginate questa enorme valle scura, al buio, i fianchi che salgono al Banditello quasi non si leggono confusi nella macchia in ombra, la lunga e sottile cresta che dal Banditello scandisce il Sasso d’Andre e il Torrone fino al Vettore fa da sparti acque tra i mondi del buio e della luce e viene esaltata come solo in poche altre occasioni ho potuto vedere, era come disegnata da un pittore, ero grato ai Sibillini perché ancora una volta erano in grado di regalarmi immagini nuove. Volgendo ancora verso Ovest la dorsale si fa più larga e punta la vetta della Sibilla e la sua evidente corona, anche qui immaginatevi questa cresta che stavo percorrendo, da una parte e dall’altra scivolano ripidi i fianchi sulle valli dell’Aso e del Tenna, Foce con la valle della Gardosa che poi si stringe fino al lago di Pilato e la gola dell’Infernaccio che si allarga nella più ampia valle del Tenna, ci si sente i padroni del mondo in quei momenti. Dopo un’ora e mezza dalla partenza siamo sotto la famosa corona, un salto roccioso di pochi metri che in corrispondenza della cresta presenta una linea di salita più agevole e appoggiata, pochi passaggi in cui le mani sono indispensabili; una salda catena, è stata giustamente stesa perché la Sibilla soprattutto nella buona stagione è davvero frequentata da tutti, è un valido aiuto nella salita. Sopra la corona la linea di cresta diventa erbosa, continua con la stessa pendenza, prima dell’anticima sfiora ciò che resta della famosa grotta della Sibilla a cui non manco la visita; alle 9,45 siamo sull’anticima dove è stata posta una targa in marmo con la quota dei 2175 mt della montagna, (chissà poi perché sull’anticima?) e cinque minuti dopo sulla vetta principale, sono passate poco meno di due ore dalla partenza. Ormai ci siamo quasi assuefatti ai panorami che si modificano solo nella prospettiva, ciò che della vetta della Sibilla impressiona sempre è la verticalità e il vuoto sottostante, davvero assoluto nel versante Nord del Tenna e “solamente” molto, molto ripido in quello del versante Sud dell’Aso. Intanto davanti si scopre tutta la cresta fino al Vallelunga, e al Porche; è sinuosa, piena zeppa di dislivelli, affatto breve, ci spinge a muoverci, tanto da queste parti dovremo ripassare al ritorno. La discesa dalla vetta della Sibilla verso Ovest è di quelle facili ma da non prendere mai sotto gamba, soprattutto nel primo tratto, una serie di gradoni di roccia, la tipica roccia rosa di questa montagna, sono facili da approcciare se non fosse che la dorsale in questo tratto è davvero molto stretta contenuta tra le due pagine della montagna che scivolano via ai lati davvero molto ripide; lo sguardo sfugge e viene attratto e distratto costantemente verso quei ripidissimi e molto vicini pendii. Via, via che si raggiunge la sella, dove confluisce l’orribile strada della famosa “Z di Zorro”, la cresta si allarga e ritorna erbosa. Da qui in avanti c’è poco da raccontare, e perché non credo ci sia possibilità di sbagliare percorso, e perché i panorami, a parte le prospettive che continuano a cambiare, rimango più o meno gli stessi; la cresta fino al Porche non è rettilinea ed omogenea, la vetta più alta delle tre che incontriamo, Cima di Vallelunga, che con i suoi 2221 mt supera anche se di poco la Sibilla ed i Porche, si trova più o meno al centro, prima e dopo elevazioni minori costringono ad accumulare dislivello anche se il sentiero in molti casi non segue esattamente la linea di cresta; la caratteristica di questa dorsale, che a prima vista sembra una innocua anche se lunga passeggiata sono i versanti che, a parte pochi casi, hanno sempre delle notevoli pendenze e non consentono distrazioni; soprattutto intorno alla vetta delle Sibilla, eccessive in entrambi i versanti, e nei pressi del Vallelunga, praticamente verticali verso Sud. Da poco, dal 2016, dal disastroso sisma che ha devastato questa zona, la cresta ad Ovest del Vallelunga presenta delle spaccature poco profonde ma molto evidenti che aprono letteralmente la dorsale in due, e sempre nella stessa zona ma qualche decina di metri sotto la linea di cresta, delle belle fette di versante sono scivolate verso valle, sembra si siano anche abbassate di livello. Questo tratto è come se fosse stato letteralmente sollevato, ripetutamente scosso e ribaltato, come se una esplosione da sotto l’abbia sollevato per farlo ricadere alla rinfusa. Tre ore per arrivare in vetta a Cima di Vallelunga mentre ne serve ancora un’ora e poco più per il monte Porche, discese, poche, e molte corte salite. Dal Porche, capo estremo verso Ovest della nostra escursione, la vista si apre sulla piana di Castelluccio che come si dice, è sempre un bel vedere; si allunga poi sulle due dorsali, la prima verso Sud, scavalcando i due Sassi Borghese e l’Argentella sale fino al Redentore e si chiude sul Vettore, la seconda verso Nord scavalcando Cima di Vallinfante e Passo Cattivo si chiude sul Bove Sud. Dal Porche, forse il centro stella dei Sibillini, è molto evidente come i Sibillini stessi siano il gruppo che si distingue per le dorsali di cresta, salendo da una qualsiasi parte si voglia e girovagando sulle dorsali senza mai scendere, qualche volta inevitabilmente ritornando sui propri passi, si possono toccare tutte le vette più alte per poi calare a valle chissà in quale altro versante, provate a fare un gioco, un esercizio, non rimane fuori nulla, ma proprio nulla dei nostri 2000 mt. Il rientro è, manco a dirlo, per la stessa via, di nuovo su è giù un’infinità di volte, cambiano ovviamente le prospettive e la luce, dal momento che ormai è inizio pomeriggio e si stava un po’ annuvolando; il rischio di pioggia paventato dalle previsioni meteo per la seconda parte della giornata ci ha messo le ali ai piedi, qualche foto di meno, e per il rientro al rifugio della Sibilla ci abbiamo impiegato meno di 3 ore. Iniziai a raccontare la giornata dicendo che questa escursione è una classica dei Sibillini; non solo, è anche di più, è una vera, autentica sbornia da Sibillini!!!